di Marco Pasi.
Come afferma Massimo Introvigne, "Crowley si comprende difficilmente senza il suo radicamento nello yoga" [1]. Lo yoga pervade un po' tutta la sua opera, assumendo nei suoi scritti un'importanza almeno pari a quella della magia tradizionale occidentale.
Necessariamente in questa sede non sarà possibile affrontare il tema del rapporto tra Crowley e lo yoga in tutta la sua ampiezza e complessità, tema che sinora non è mai stato approfondito adeguatamente. Mi limiterò in primo luogo a ripercorrere brevemente il modo e il contesto in cui Crowley venne in contatto per la prima volta con lo yoga. Farò poi qualche riflessione e offrirò qualche interpretazione sul significato che lo yoga ebbe per Crowley.
Come afferma Massimo Introvigne, "Crowley si comprende difficilmente senza il suo radicamento nello yoga" [1]. Lo yoga pervade un po' tutta la sua opera, assumendo nei suoi scritti un'importanza almeno pari a quella della magia tradizionale occidentale.
Necessariamente in questa sede non sarà possibile affrontare il tema del rapporto tra Crowley e lo yoga in tutta la sua ampiezza e complessità, tema che sinora non è mai stato approfondito adeguatamente. Mi limiterò in primo luogo a ripercorrere brevemente il modo e il contesto in cui Crowley venne in contatto per la prima volta con lo yoga. Farò poi qualche riflessione e offrirò qualche interpretazione sul significato che lo yoga ebbe per Crowley.
"Yoga? There's danger in the biz! But, it's the only chance there is!" (For life, if left alone is sorrow, And only fools hope God's tomorrow.) Aleister Crowley, The Sword of Song.
Solitamente, quando si parla di influssi di dottrine orientali sul sistema di Aleister Crowley, il riferimento immediato e spontaneo è al tantrismo [2]. Questo, probabilmente, per un semplice motivo. L'aspetto che sicuramente ha solleticato di più la fantasia e l'interesse di coloro che si sono occupati di Crowley è senza dubbio quello della magia sessuale.
Sembra dunque quasi darsi per scontato che Crowley abbia derivato le sue pratiche di magia sessuale da fonti di prima mano, durante i suoi viaggi in oriente.
Per esempio John Symonds e Kenneth Grant, nell'introduzione alla loro edizione di Magick, sostengono che "Crowley era stato iniziato anche alle branche più oscure dello yoga, conosciute genericamente come tantrismo" [3].
Se definire il tantrismo "una delle branche più oscure dello yoga" non è già di per sé molto corretto, non risulta né dall'autobiografia di Crowley, né dalla biografia dello stesso Symonds che Crowley abbia ricevuto un'iniziazione del genere durante uno dei suoi viaggi in Oriente [4]. A meno che Symonds e Grant non facciano riferimento con ciò agli insegnamenti che Crowley ricevette quando entrò a far parte dell'Ordo Templi Orientis, nel 1910.
In questo caso però, si dovrebbe sottolineare che la conoscenza che Crowley ricevette del tantrismo Ordo Templi Orientis fu comunque una conoscenza già mediata da un filtro occidentale. Con ciò intendo dire che questa conoscenza non fu né appresa direttamente sui testi originali del tantrismo né ricevuta da un maestro orientale. Non sarà certo un caso che Crowley, tra le letture consigliate per coloro che intendono intraprendere il cammino della realizzazione secondo il suo sistema, non inserisca nemmeno un testo della tradizione tantrica, mentre invece abbondano opere classiche della tradizione yoga e buddista [5].
La vera "scoperta" che Crowley fece in India fu in realtà proprio lo yoga. Lì egli studiò i testi della tradizione e cominciò a metterne in pratica gli insegnamenti. In qualche modo tutto il suo lavoro successivo venne influenzato da queste esperienze e lo spazio che egli dedicò allo yoga nelle sue opere è molto ampio [6].
Crowley aveva solo ventisei anni quando giunse per la prima volta in India. L'interesse per la spiritualità orientale aveva già da tempo cominciato a diffondersi in Occidente e da curiosità erudita si stava trasformando sempre più in esigenza esistenziale.
Attraverso la Società Teosofica e grazie ad avvenimenti come quello del Parlamento Mondiale delle Religioni, tenutosi nel 1893 a Chicago in concomitanza con l'Esposizione Universale, l'Occidente veniva a conoscenza di nuovi, esotici, percorsi spirituali.
Come hanno fatto notare sia James Webb che Massimo Introvigne, questa ricerca della spiritualità orientale si trovò molto spesso unita a un interesse per le tradizioni esoteriche e occulte occidentali [7]. In questo contesto si colloca la "scoperta" dello yoga da parte di Aleister Crowley.
Questa scoperta avvenne quando Crowley, nei primi di agosto del 1901, giunse a Ceylon [8]. Erano ormai diversi mesi che era in viaggio. Nella primavera del 1900 alcuni contrasti sorti all'interno della Golden Dawn tra Mathers, che ne era il capo, e altri membri prominenti, tra cui William Butler Yeats, avevano portato a una scissione nell'ordine [9].
Crowley, che ne era entrato a far parte meno di due anni prima, aveva parteggiato per Mathers, ma dopo la scissione vera e propria aveva deciso di lasciare l'Inghilterra per un lungo periodo. Il suo patrimonio, allora ancora intatto, gli consentiva di intraprendere questo viaggio, al quale ne sarebbero seguiti molti altri, senza preoccupazioni. La sua prima destinazione fu il Messico, che raggiunse nel luglio del 1900. Rimase in questo paese diversi mesi e durante il suo soggiorno fu raggiunto dal suo amico Oscar Eckenstein. Eckenstein era un alpinista piuttosto famoso e Crowley aveva già compiuto diverse scalate con lui sulle Alpi.
I due fecero alcune ascensioni sulle montagne più alte del paese centroamericano. È opportuno richiamare questi particolari, perché pare che Eckenstein non sia stato solo un maestro di alpinismo per il più giovane Crowley. Nella sua autobiografia, Crowley ci dice infatti che fu lui, proprio durante il soggiorno in Messico, a insegnargli una tecnica di concentrazione, che consisteva nell'immaginare un oggetto e nel tenere questa immagine fissa il più a lungo possibile [10]. Lo scopo era na turalmente quello di ottenere un certo controllo sulla mente e sui processi del pensiero.
Purtroppo Crowley non ci dice dove Eckenstein avesse appreso questa tecnica, anche se ci avverte che il suo mentore non aveva nulla a che fare con la magia e che, anzi, si prendeva gioco del suo più giovane amico per i suoi interessi occulti [11].
A partire da questo momento, Crowley mise da parte la magia cerimoniale che aveva imparato a praticare nella Golden Dawn e si dedicò a esperimenti basati su questa nuova tecnica [12]. Ciò preparò sicuramente il terreno all'incontro con le tecniche dello yoga vero e proprio.
Dopo essersi separato da Eckenstein e aver lasciato il Messico, Crowley attraversò il Pacifico, con l'intenzione di raggiungere un altro suo amico, Allan Bennett, che aveva conosciuto nella Golden Dawn. Bennett si era ritirato a Ceylon da circa un anno e aveva cominciato a studiare lo yoga e il buddismo con un maestro del luogo.
Crowley stimava molto Bennett; avevano vissuto insieme a Londra per un certo periodo e avevano fatto molti esperimenti di magia cerimoniale. In seguito al suo trasferimento a Ceylon, Bennett aveva abbandonato la magia della tradizione occidentale, per dedicarsi allo studio della sapienza indiana. Come abbiamo visto, anche Crowley aveva temporaneamente messo da parte la magia, e, quando giunse a Ceylon, era pronto a lanciarsi in questa nuova avventura spirituale.
Il maestro di yoga di Bennett era Sri Parananda Ramanathan, del quale non sappiamo granché se non che era il Procuratore Generale di Ceylon e apparteneva a una setta scivaita. Al suo arrivo, Crowley si unì subito a Bennett nelle sue ricerche e nei suoi esperimenti con lo yoga.
Entrambi erano, come Crowley stesso dice, "determinati a praticare i sistemi orientali sotto un cielo orientale e con metodi solamente orientali" [13].
Crowley convinse Bennett ad affittare un bungalow a Kandy, nell'interno dell'isola, e a continuare da soli le pratiche yoga. Le tecniche che Crowley apprese in quel periodo erano perlopiù tecniche dello yoga "classico", basato cioè sui principi fissati da Patañjali [14]. Quotidianamente egli si esercitava con l'âsana, cioè l'assumere con il corpo una determinata posizione sino a raggiungere l'assoluta immobilità, il prânâyâma, cioè la tecnica di controllo del respiro, il dhâranâ, ovvero la concentrazione che consente l'arresto del flusso del pensiero[15]. Ai primi di ottobre, dopo due mesi di queste continue pratiche, Crowley raggiunse, a suo dire, quello che è il penultimo gradino della realizzazione yoga, il dhyâna. Superiore al dhyâna è solo il samâdhi, che è la meta suprema per colui che pratica lo yoga e segna il raggiungimento della liberazione. L'esperienza del dhyâna fu per Crowley molto importante. Secondo Israel Regardie fu "il più importante risultato spirituale che egli avesse conseguito sino ad allora." [16] Dopo questo successo Crowley interruppe i suoi esercizi. Probabilmente questo successo l'aveva appagato a sufficienza. Verso la fine di novembre lasciò Ceylon. Doveva raggiungere il nord dell'India, dove aveva un appuntamento con Eckenstein per organizzare una spedizione sul K2.
Non risulta che negli anni successivi egli abbia mai ripreso a praticare lo yoga con la stessa assiduità che caratterizzò il "ritiro" di Ceylon, ma evidentemente le esperienze di quel periodo ebbero un profondo influsso su di lui. Successivamente, Crowley rivendicò di avere raggiunto anche il samâdhi, e di avere completato dunque il suo percorso mistico secondo i canoni dello yoga, anche se non è ben chiaro in quale momento ebbe questa esperienza.
C'è un aspetto da tenere in considerazione a proposito delle pratiche yoga di Crowley a Ceylon, che è stato evidenziato da Regardie [17].
Il dhyâna fu ritenuto da Crowley un passaggio di particolare valore nel suo percorso spirituale. Anche dopo il suo distacco dalla Golden Dawn, e la sua perdita di fiducia nei confronti di Mathers, Crowley aveva continuato a scandire la sua evoluzione magica e spirituale secondo lo schema di gradi dell'Ordine.
Ciò significa che, non potendo più ottenere i gradi della Golden Dawn attraverso l'iniziazione formale, egli cominciò ad autoattribuirsi questi gradi in successione. Così, se il lavoro magico svolto in Messico gli consentì di attribuirsi il grado di Adeptus Major, grazie al dhyâna di Ceylon, poté ascendere al grado di Adeptus Exemptus. Dunque possiamo notare che Crowley vedeva una certa continuità tra le sue pratiche magiche e l'esperienza dello yoga. Si può dire che per lui il percorso era sempre unico, anche se diverse e multiformi potevano essere le esperienze che consentivano di procedere.
Quali furono gli aspetti dello yoga che attrassero tanto Crowley? C'è un elemento caratteristico dello yoga che è stato evidenziato da Eliade, che ci interessa particolarmente: è quello della "sperimentalità" [18]. Lo yoga non ci presenta una metafisica dogmatica e complicata, ci offre semmai un percorso d'azione. Ci dice cosa fare per ottenere certi risultati. Se i risultati si ottengono oppure no, ognuno lo può sperimentare attraverso la pratica. Questa spiccata tendenza al concreto non poteva non essere congeniale a Crowley.
Qui è opportuno aprire una parentesi. C'è un aspetto della mentalità di Crowley, che è stato piuttosto trascurato e che invece a me sembra centrale. Faccio riferimento alla sua forte componente di razionalismo. Forse il fatto che egli si sia occupato di magia e di misticismo per tutta la vita porta a ritenere che la sua forma mentale era prevalentemente basata su criteri irrazionali. Niente di più lontano dalla verità. Si può dire invece che Crowley aveva una componente razionalista così spiccata, da accordarsi con le tendenze più prettamente positivistiche della sua epoca. Nei suoi scritti Crowley cita a ogni piè sospinto autori come James Frazer, Herbert Spencer, Thomas Henry Huxley; studiosi e pensatori che della razionalità e del positivismo avevano fatto una causa da difendere e da diffondere. Che si trattasse di magia o di yoga, l'idea di Crowley era di procedere sempre con un rigoroso metodo sperimentale.
Durante il suo apprendistato nella Golden Dawn, Crowley aveva imparato a tenere un diario nel quale annotare i suoi esperimenti magici. Ora metteva a frutto questa pratica trasformando i suoi diari in veri e propri registri di laboratorio. Durante i mesi trascorsi a Ceylon egli annotò con cura tutti i suoi esercizi, registrando tra l'altro la sua condizione fisica e mentale del momento e il risultato ottenuto. Allo stesso modo si comporterà diversi anni dopo quando "scoprirà" il metodo della magia sessuale e comincerà a fare esperimenti con essa [19]. Con questo spirito da ricercatore scientifico Crowley si accostò allo yoga. E lo yoga, proprio per la sua caratteristica di "sperimentalità", cui abbiamo accennato prima, si prestava particolarmente bene a un approccio di questo tipo
C'è poi un altro aspetto interessante. Una cosa in particolare sembra essere stata molto a cuore a Crowley: l'origine del "genio". All'inizio della prima parte del Book Four, dedicata appunto allo yoga, Crowley tratta l'argomento [20]. In qualche modo questo ci aiuta a capire il significato delle pratiche yoga per Crowley, e d'altra parte conferma indirettamente ciò che abbiamo detto detto a proposito del suo razionalismo. Crowley dunque, nel testo citato, vuole affrontare razionalmente il problema della religione. Tutte le vecchie religioni, secondo lui, sono ormai al collasso.
Ciò che si può fare è reimpostare la questione dal principio. Le religioni sono molte e molto diverse tra loro, ma forse è possibile trovare un elemento condiviso da tutte. Ebbene, questo elemento egli lo individua proprio nel "genio religioso", cioè in quel particolare carisma posseduto da coloro che fondano nuove religioni. Tutti i fondatori di religioni, ci dice Crowley, presentano un tratto in comune: a un certo punto della loro vita essi scompaiono, o si ritirano, per un periodo più o meno lungo e, quando ricompaiono, sono in possesso del carisma necessario per fondare una nuova religione. Durante quel periodo di ritiro, evidentemente, deve accadere qualcosa di particolare.
Ebbene, secondo Crowley quello che è accaduto a Mosè, a Gesù, a Maometto, al Buddha e a tutti gli altri fondatori di religioni è del tutto analogo a quell'esperienza mistica che nello yoga viene definita con il termine samâdhi. Secondo lo yoga di Patañjali il samâdhi è l'ultimo stadio della realizzazione, quello nel quale si raggiunge la liberazione. Per Crowley, se i vari fondatori di religioni hanno descritto quest'esperienza in modo diverso, è perché diverse erano le culture e le tradizioni nelle quali essi si erano formati. Questo ha fatto sì che essi interpretassero quello che sostanzialmente era lo stesso fenomeno in modi diversi. Così, per esempio, Maometto ha conversato con l'arcangelo Gabriele, il Buddha è giunto all'Illuminazione, Mosè ha incontrato Dio sul Monte Sinai.
Questo è un punto estremamente importante, sul quale è necessario fare una riflessione. Crowley traccia un'equazione tra le esperienze mistiche o di contatto con la divinità che alcuni "fondatori di religioni" hanno sperimentato, con l'esperienza del samâdhi. Questo perché entrambi i tipi di esperienze consentono al "genio" che è latente nell'uomo di affiorare. E allora ecco l'intuizione di Crowley: se queste esperienze sono in sostanza una sola cosa, allora con lo yoga si ha a disposizione una tecnica che consente di giungere a essa. Lo yoga, dunque, diventa un metodo per ottenere "genio" a volontà. Un metodo, per giunta, del tutto sperimentale.
C'è tuttavia un aspetto che rimane sottinteso nel suo discorso. Crowley riteneva che in lui fosse affiorato né più né meno lo stesso "genio religioso" che egli individuava nei fondatori di religioni citati prima. Anche Crowley riteneva di avere un messaggio da diffondere al mondo, un messaggio che fosse adatto per la nuova era. Egli fondò la sua religione, la cosiddetta religione di Thelema, basata su una "rivelazione" contenuta in un "testo sacro", il Libro della Legge [21]. Naturalmente Crowley non intendeva dire che chiunque pratichi lo yoga sino a raggiungere il samâdhi sia in grado di fondare una religione, ma quantomeno il sottinteso è che a lui è accaduto proprio questo.
Una citazione tratta dal Book Four servirà a illustrare meglio questo aspetto:
...affermiamo l'esistenza d'una fonte segreta di energia che spiega il fenomeno del Genio. Noi non crediamo ad alcuna spiegazione sovrannaturale, ma sosteniamo che tale fonte può essere raggiunta seguendo regole precise; il grado del successo dipende dalle capacità del ricercatore, non già dal favore di un Essere Divino. Noi affermiamo che il fenomeno critico che determina il successo è un atto che si compie nel cervello ed è caratterizzato essenzialmente dall'unione di soggetto e oggetto. [22]
Da queste parole risalta in modo assai chiaro l'aspetto razionalista, direi quasi positivista di Crowley. A Crowley non sembrano interessare molto i principi filosofici su cui si basa lo yoga, come il dualismo tra purusa e prakrti, che corrisponde grossolanamente a quello occidentale tra spirito e materia, o la presenza di Içvara, cioè di un'entità suprema. Questi sono elementi che potremmo definire "sovrastrutturali", che dipendono dal contesto ambientale in cui lo yoga come dottrina è stato formulato. Essi dipendono quindi dal livello di comprensione di coloro cui le dottrine yoga erano originariamente dirette.
Ciò che solo conta è il nucleo di queste dottrine: eliminando l'involucro e mantenendo il nucleo si ha una tecnica valida per chiunque. Notiamo qui un aspetto molto evidente del pensiero di Crowley, che lo identifica senza dubbio come un figlio del suo tempo. È quello che potremmo definire "pregiudizio positivista". In effetti egli riteneva di capire e saper interpretare le dottrine tradizionali dello yoga meglio di quanto facessero gli indiani stessi [23]. Si tratta qui, più o meno, di quello stesso tipo di pregiudizio che René Guénon, in una sua nota opera sulle dottrine tradizionali indù, definiva come "un'incredibile aberrazione". [24]
Non ci sono misteri, né implicazioni metafisiche, nella visione che Crowley ha dello yoga. Si ha a che fare, si direbbe, quasi esclusivamente con la cruda fisiologia. E questa visione "fisiologica" dell'esperienza spirituale o religiosa conduce Crowley a un'intuizione che mi sembra di straordinario interesse. In un passo della sua autobiografia egli scrive:
... il samâdhi, qualunque cosa sia, è perlomeno uno stato mentale esattamente come la concentrazione, la rabbia, il sonno, l'ebbrezza e la malinconia. Molto bene. Ogni stato mentale è accompagnato da stati fisiologici corrispondenti. Si osservano lesioni della materia cerebrale, disturbi dell'irrorazione sanguigna, e così via, in una relazione apparentemente necessaria con questi stati spirituali. Inoltre, sappiamo già che certe condizioni spirituali o mentali possono essere indotte agendo sulle condizioni fisico- e chimico-fisiologiche. (...) Perché dunque non dovrebbe essere possibile escogitare un qualche metodo farmaceutico, elettrico o chirurgico per indurre il samâdhi e creare il genio semplicemente come creiamo altri tipi di particolare eccitazione? La morfina rende l'uomo santo e felice, ma in un modo negativo; perché non dovrebbe esserci una qualche droga che sia in grado di produrre l'equivalente in positivo? Il mistico rimarrà senza fiato per l'orrore, ma non è necessario prestargli attenzione. È lui che insulta la natura postulando una discontinuità nei suoi processi. Se ammettiamo che il samâdhi è uno stato sui generis va a finire che ci ritroviamo di nuovo di fronte tutte le fandonie del soprannaturale che già avevamo messo da parte. [25]
Questo passo mostra a quale estrema conseguenza era giunto l'atteggiamento "razionale" di Crowley nei confronti dello yoga. Secondo Crowley, se neghiamo qualsiasi carattere di soprannaturalità al samâdhi, rimane di esso il solo aspetto fisio-psicologico. Stando così le cose questo stato potrebbe essere indotto, almeno teoricamente, con un qualche mezzo artificiale, nella fattispecie qualche sostanza psicoattiva.
È noto che Crowley fece uso di droghe sin dalla giovinezza. Ebbene, nel passo citato troviamo una spiegazione estremamente lucida di questo uso. All'origine troviamo il desiderio della sperimentazione, la ricerca di nuove vie, anzi di scorciatoie, per la realizzazione spirituale.
A che scopo perdere tempo in esercizi complicati ed estenuanti, se è possibile avere tutto subito? Questo aspetto è tanto più interessante se consideriamo che esso, in un certo senso, collega Crowley alla cultura psichedelica degli anni sessanta; anni che non a caso videro una riscoperta delle sue idee e della sua figura [26]. Questo collegamento, del resto non è senza passaggi intermedi, visto che alcune fonti, per esempio, sostengono che fu Crowley a introdurre Aldous Huxley alla mescalina negli anni trenta [27]. È nota l'influenza che ciò che Huxley scrisse a proposito delle sue esperienze con le droghe ebbe sulla successiva cultura psichedelica. Del resto l'idea di "abbreviare" il percorso dello yoga con sostanze stupefacenti non era certo originale. Nella stessa tradizione indiana sono conosciute forme "popolari" di yoga, influenzate probabilmente da elementi di origine sciamanica, che contemplano l'uso di sostanze come la canapa o l'oppio per ottenere transe estatiche [28]. L'uso di queste sostanze è però scarsamente attestato dalla tradizione dello yoga classico. [29]
Vorrei ora toccare un altro possibile aspetto del significato dello yoga per Aleister Crowley. La mia impressione è che egli adoperò le varie forme di meditazione e di concentrazione necessarie per la pratica yoga anche per esercitare e sviluppare una facoltà che è assolutamente centrale per la tradizione esoterica e magica occidentale: l'immaginazione. Secondo Ioan Culianu, la magia è una "scienza dell'immaginario" e Antoine Faivre ha posto proprio l'immaginazione tra gli elementi fondamentali dell'esoterismo occidentale moderno. [30]
C'è in effetti un filo rosso che collega la mnemotecnica rinascimentale alla tecnica dei cosiddetti "viaggi astrali", che veniva insegnata ai membri della Golden Dawn [31]. Questo filo rosso è proprio l'immaginazione. Attraverso l'immaginazione il mago ha a disposizione una dimensione parallela a quella della realtà oggettiva, una dimensione nella quale egli si muove e ha delle sensazioni, nella quale si compiono delle esperienze significative, spesso di tipo simbolico. Ma, evidentemente, l'immaginazione è una facoltà che va allenata.
Con gli esercizi iniziati sotto la guida di Oscar Eckenstein e con quelli eseguiti insieme ad Allan Bennett a Ceylon, Crowley esercitava anche le sue capacità di concentrazione e di immaginazione. Voglio dare qui due piccoli esempi di ciò che intendo dire. Nel 1906, dopo un tentativo fallito di scalare una delle montagne più alte dell'Himalaya, il Kangchenjunga, Crowley intraprese un viaggio in Cina, che durò diversi mesi. Durante questo viaggio egli praticò un rituale che riveste una grande importanza nella sua "carriera magica": l'Augoeides. Qual era la particolarità di questo rituale magico, che nel suo complesso si protrasse addirittura per trentadue settimane? La particolarità era il fatto che l'Augoeides venne praticato esclusivamente sul piano dell'immaginazione [32]. Per motivi che qui non approfondiremo, Crowley aveva la necessità di iniziare a praticare questo rituale proprio nel momento in cui si trovava in Cina. Nelle condizioni in cui era, non poteva disporre né di un tempio magico, né della solitudine necessaria per questo tipo di pratiche. Dunque decise di fare a meno di qualsiasi elemento esterno e materiale. Attraverso l'immaginazione, Crowley visualizzava il tempio magico, con tutti gli arredi e il resto, e poi proiettava un'immagine di se stesso all'interno di questo ambiente. Così svolgeva le azioni necessarie per il rituale su un piano totalmente immaginativo, isolato da tutto quanto gli accadeva intorno. Crowley ci dice che era in grado di svolgere queste operazioni, che erano quotidiane, anche mentre stava camminando o era a cavallo.
L'altro esempio, che non ha niente a che vedere con la pratica magica, riguarda la particolare abilità di Crowley nel gioco degli scacchi. Israel Regardie, un discepolo di Crowley, ci dice che egli era in grado di giocare, e di vincere, contro due avversari contemporaneamente, senza mai vedere la scacchiera [33]. In questo caso Crowley visualizzava una scacchiera immaginaria, anzi due, sulle quali muoveva pezzi immaginari. Naturalmente le mosse venivano comunicate tramite le coordinate, lettera più numero, della scacchiera. Chi conosce anche superficialmente il mondo degli scacchi sa che la capacità di giocare "alla cieca" non è affatto straordinaria per un maestro [34]. C'è addirittura chi è stato in grado di giocare quarantacinque partite "alla cieca" contemporaneamente [35]. Ciò che a noi interessa, piuttosto, è il fatto che questa capacità visualizzativa di Crowley va collegata probabilmente con le sue pratiche yoga e sicuramente con le sue pratiche magiche. Sia Regardie, sia lo stesso Crowley mettono in relazione l'abilità nel giocare a scacchi di quest'ultimo con la pratica magica, e in particolare proprio con l'Augoeides. [36]
Indubbiamente la scoperta dello yoga da parte di Aleister Crowley si inquadra in quella spinta a Oriente che il "sostrato illuminato", per usare l'espressione di James Webb, mise in atto a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Però abbiamo avuto modo di constatare come l'esito di questa scoperta fu tutt'altro che scontato. Nell’escludere interpretazioni soprannaturali, Crowley mostra tutta la sua dipendenza dagli schemi di pensiero più diffusi della sua epoca. Ci troviamo così di fronte a un mistico di nuovo tipo, che cerca di integrare i dati della tradizione con la scienza e il progresso. Del resto, il suo razionalismo non gli impedì di inserirsi appunto nella più schietta tradizione magica occidentale, dal momento che cercò di mettere a pieno frutto quella facoltà fondamentale per il mago: l'immaginazione.
NOTE:
- Massimo Introvigne, Il cappello del mago - I nuovi movimenti magici, dallo spiritismo al satanismo, SugarCo, Milano 1990, p. 313.
- Riferimenti a eventuali influssi del tantrismo su Crowley si trovano un po' ovunque, ma soprattutto in Francis King, Il cammino del serpente - Storia, Riti e Misteri della Magia Sessuale, Edizioni Mediterranee, Roma 1979, passim. Si può vedere anche quello che dice in proposito Julius Evola in Metafisica del Sesso, Edizioni Mediterranee, Roma 1988, p. 384 e ss. Da notare che Evola attribuisce erroneamente a Crowley l'incontro con "due esponenti indù della Via tantrica della Mano Sinistra, Brima sen Pratab e Sri Agamya Paramhamsa [sic]", citando come fonte la biografia di Crowley scritta da John Symonds. Si tratta certamente di una svista, perché in realtà Symonds nella sua opera afferma che a incontrare i due guru indiani fu Carl Kellner, i cui contatti con Theodor Reuss possono essere considerati all'origine dell'Ordo Templi Orientis, l'ordine massonico di frangia cui in seguito appartenne anche Crowley. Kellner, che morì probabilmente prima che l'OTO venisse effettivamente creato da Reuss, non ebbe comunque mai alcun rapporto con Crowley (cfr. John Symonds, The Beast 666 - The Life of Aleister Crowley, Pindar Press, London 1997, p. 160).
- Aleister Crowley, Magick, Astrolabio, Roma 1976, p. 6.
- L'autobiografia è The Confessions of Aleister Crowley - An Autohagiography, Arkana, London 1989. L'ultima edizione della biografia di John Symonds è quella indicata nella nota 2.
- La cosa viene rilevata, del resto, anche da Symonds e Grant: "È singolare il fatto che Crowley, il quale poneva in grande risalto gli insegnamenti sessuali del Tantrismo (Vamacharin) abbia omesso di ricordare, persino nel suo elenco di autori, il nome di Sir John Woodroffe (Arthur Avalon), i cui testi tantristi furono pubblicati intorno al 1920." (Aleister Crowley, Magick, cit., p. 6).
- Due sono le opere principali di Crowley sullo yoga: la prima parte del Book Four, che fu pubblicata nel 1912 (ora si trova in Aleister Crowley, Magick, cit.) e le Eight Lessons on Yoga, pubblicate per la prima volta nel 1939 (un'edizione recente è quella della New Falcon Publications, Scottsdale 1991).
- Su questo punto e più in generale sulla diffusione in Occidente dell'interesse per la spiritualità orientale, cfr. James Webb, The Flight from Reason - The Age of the Irrational, Macdonald, London 1971, i capp. II ("Babel") e III ("The Masters and the Messiah"); e Massimo Introvigne, Le nuove religioni, SugarCo, Milano 1989, p. 267 e ss. torna
- Sul periodo che Crowley trascorse a Ceylon, cfr. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., pp. 232-254; John Symonds, op. cit., pp. 43-45; Israel Regardie, The Eye in the Triangle - An Interpretation of Aleister Crowley, New Falcon Publications, Phoenix 1993, pp. 229-265.
- Su queste vicende e più in generale sulla storia della Golden Dawn il testo canonico è quello di Ellic Howe: The Magicians of the Golden Dawn - A Documentary History of a Magical Order 1887-1923, The Aquarian Press, Wellingborough 1985. Sui contrasti del 1900 e le varie scissioni vedi in particolare i capp. 14 ("Rebellion in London") e 15 ("The Battle of Blythe Road").
- Cfr. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., pp. 213-214.
- Cfr. ibid., pp. 159 e 213. Bisogna tenere in considerazione il fatto che Eckenstein era stato in India, in quanto aveva fatto parte della spedizione di Conway che nel 1892 aveva tentato la scalata al K2 (cfr. John Symonds, op. cit., p. 46). Potrebbe forse in questa occasione avere appreso qualche tecnica yoga.
- Un resoconto di questi esperimenti si trova in The Equinox I, 4, "The Temple of Solomon the King", pp. 107-124. Eckenstein viene indicato con le iniziali "D.A.".
- Ibid., p. 123.
- Per il concetto di Yoga "classico" distinto dalle sue varianti "popolari" e "barocche" cfr. Mircea Eliade, Lo Yoga - Immortalità e libertà, Sansoni, Firenze 1990, p. 20.
- Su questi elementi della pratica yoga, cfr. ibid., p. 62 e ss.
- Israel Regardie, op. cit., p. 249.
- Cfr. ibid., p. 253.
- Cfr. Mircea Eliade, op. cit., p. 51.
- A questo proposito vedi l'interessante introduzione di Stephen Skinner a: Aleister Crowley, The Magical Diaries of Aleister Crowley - 1923, Neville Spearman, Jersey 1979. Skinner è uno dei pochi che abbia colto, e messo in evidenza, questo aspetto della razionalità e della pretesa di scientificità in Crowley.
- Cfr. Aleister Crowley, Magick, cit., p. 19 e ss. Dobbiamo qui notare che Crowley ha preferito intitolare questa parte del Book Four non "Yoga", come sarebbe stato ovvio, ma "Misticismo". La seconda parte è invece intitolata "Magia". Troviamo dunque in Crowley questa distinzione, e questa polarità, tra misticismo e magia. Sostanzialmente, per Crowley, il misticismo cerca il contatto diretto con il "divino", con l'"assoluto", che naturalmente non è mai visto in modo dogmatico. La magia, invece, è la ricerca del potere attraverso delle tecniche che operano su un piano sottile. Si potrebbe dire che con la magia si adoperano mezzi spirituali per ottenere fini materiali. Comunque la distinzione non è sempre netta, spesso misticismo e magia in Crowley si confondono.
- Su questo aspetto vedi ciò che con grande equilibrio scrive Israel Regardie, che fu un discepolo di Crowley, in op. cit., p. 461 e ss. Per il Libro della Legge nel contesto delle nuove rivelazioni, magiche e religiose, cfr. Massimo Introvigne, "Livres magiques révélés et livres révélés religieux (d'Aleister Crowley aux nouvelles religions)" in Aries n° 15, Meudon, pp. 95-116.
- Aleister Crowley, Magick, cit., p. 29.
- Cfr. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., p. 240. Scrive Crowley: "The numerous practices of Yoga are simply dodges to help one to acquire the knack of slowing down the current of thought and ultimately stopping it altogether. This fact has not been realized by the yogis themselves. Religious doctrines or ethical considerations have obscured the truth. I believe I am entitled to the credit of being the first man to understand the true bearings of the question."
- Cfr. René Guénon, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Adelphi, Milano 1989, pp. 12-13. Scrive Guénon: "...l'esclusivismo degli orientalisti (...) e il loro schematismo sono invece tali da spingerli, per un'incredibile aberrazione, a ritenersi capaci di comprendere le dottrine orientali meglio degli orientali stessi..."
- Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., p. 386. Trad. mia.
- L'idea di questo accostamento è di James Webb. Cfr. Il sistema occulto, SugarCo, Milano 1989, p. 303. Cfr. anche Massimo Introvigne, Indagine sul satanismo - Satanisti e anti-satanisti dal seicento ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1994, p. 265 e ss., per la riscoperta negli anni sessanta e la lettura in chiave satanista di Crowley da parte di certi ambienti legati alla cultura hippy e psichedelica californiana.
- Cfr. James Webb, Il sistema occulto, cit., p. 303 e Francis King, op. cit., p. 169, n. 7.
- Cfr. Mircea Eliade, op. cit., p. 314.
- Cfr. Patañjali, Yoga sûtra - con i commenti della tradizione, Mimesis, Milano 1992, p. 115.
- Per quanto riguarda Culianu vedi il suo bel saggio: Ioan P. Couliano, Eros e magia nel Rinascimento, Il Saggiatore, Milano 1987. Per la definizione di magia come "scienza dell'immaginario" vedi p. 7. Nella stessa pagina lo studioso rumeno scrive anche: "In quanto scienza della manipolazione dei fantasmi, la magia si rivolge in primo luogo all'umana immaginazione, nella quale tenta di suscitare impressioni persistenti." Per quanto riguarda Faivre, invece, cfr. il suo L'esoterismo, SugarCo, C. 29-31. Scrive Faivre a p. 30: "Sarebbe istruttivo fare la storia dell'immaginazione in Occidente, cioè del suo statuto. Si metterebbe in luce così l'importanza del tipo di immaginazione di cui ci occupiamo."
- Su questo aspetto degli insegnamenti della Golden Dawn cfr. S. L. Macgregor Mathers, Proiezione astrale, magia e alchimia, Mediterranee, Roma 1980, in particolare la prima e la seconda parte.
- Cfr. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., p. 517 e ss.
- Cfr. Israel Regardie, op. cit., p. 15.
- Cfr. Reuben Fine, La psicologia del giocatore di scacchi, Adelphi, Milano 1976, p. 40 e ss.
- Cfr. ibid., p. 41.
- Cfr. Israel Regardie, op. cit., pp. 311-312 e Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., p. 518. Anche Regardie fa un accostamento tra le pratiche yoga di Crowley, la sua abilità nel giocare a scacchi e il rituale dell'Augoeides. Scrive infatti a p. 313: "While riding on his pony every day [durante il suo viaggio in Cina], he would construct in his imagination a Temple. Because of the keenness of his imaginative faculty, plus the hard-earned ability to concentrate that his Yoga practice given him, we may be assured that it was a clear picture in every detail. This ability to play blindfold chess, as I have described it above, would more or less confirm my proposition that he had skill to do so."
http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/meditazione/pasi.htm