Ma anche guerre, cataclismi, uragani possono distruggere quelle comunicazioni che troppo spesso si danno per scontate, che si tratti della rete internet o di quella telefonica. Tuttavia c’è un mezzo che è in grado di sopravvivere a molti di questi scenari e che è alla portata di qualsiasi persona, senza bisogno di infrastrutture od operatori: sono le onde radio.
Guidati da quest’idea un gruppo di membri di Anonymous, provenienti dall’esperienza LulzSec/Antisec, ha appena lanciato Airchat, un sistema di networking che usa le onde radio disponibili per comunicare e condividere dati tra PC. Non solo: le comunicazioni inviate possono essere criptate,
e gli utenti possono anche far passare il traffico attraverso un proxy o
la rete Tor per garantirsi l’anonimato.
Insomma, si tratta di un vero e
proprio kit da battaglia dell’attivista dell’informazione. Finora il progetto è allo stadio iniziale:
il sistema è stato testato e consente di chattare (anche con audio), di
inviare immagini, ma anche di connettersi a internet e consultare
Twitter o le notizie in modo minimalista se c’è una connessione
condivisa.
“Airchat è uno strumento di comunicazione libera che non
necessita di una infrastruttura internet o una rete cellulare. Si basa
su qualsiasi collegamento radio esistente o apparecchio capace di
trasmettere audio”, si legge nella descrizione del progetto caricata su Github. Dove si può vedere anche un video dimostrativo (colonna sonora, manco a dirlo, è Guerrilla Radio).
Gli autori di AirChat si fanno chiamare LulzLabs, e in qualche modo discendono dal gruppo che più di due anni fa ha messo a ferro e fuoco una serie di siti internazionali, con spettacolari attacchi informatici. Alcuni di loro sono stati arrestati, altri si sono dispersi. Chi è rimasto si muove con circospezione.
Wired ha intervistato uno di loro attraverso una chat criptata: mi ha chiesto di non rivelare il suo attuale nickname e di farsi chiamare CC3.
La consapevolezza di sè nel mondo digitale
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“Il progetto è nato da una serie di riflessioni fatte assieme come gruppo, ripensando a tutte le esperienze che abbiamo attraversato: Anonymous, LulzSec, AntiSec… E soprattutto ai problemi che abbiamo incontrato e che in passato non avevamo affrontato perché eravamo troppo impegnati a vivere il momento. Airchat è il frutto di questo brainstorming”.
Alla base, spiega CC3, c’è la consapevolezza che nel mondo la maggior
parte delle persone non ha accesso alle comunicazioni per questioni di povertà e divario digitale o perché tali comunicazioni sono state tagliate, come accaduto in Egitto, Libia, Siria.
“Noi amiamo Internet ma per molti è ancora un lusso”, prosegue CC3, “e anche le reti cellulari, sebbene il loro utilizzo sia cresciuto a dismisura negli ultimi 10 anni, non sono sempre una soluzione, tanto più che qualcuno può decidere se farle funzionare o meno. Allora abbiamo pensato di cercare delle alternative economiche e il più possibile democratiche”.
Quella di facilitatore delle comunicazioni è una delle identità più forti del movimento hacktivista. Che a partire dalla Primavera Araba per arrivare al caso recente del bando di Twitter in Turchia ha spesso lavorato, insieme a gruppi affini come Telecomix, per creare dei pacchetti di assistenza (care packages, qui un esempio dedicato alla Siria), ovvero per aggregare e diffondere una serie di software e informazioni utili ad aggirare la censura e a proteggere al contempo l’identità degli utenti. Airchat, in questo senso, sembra un po’ un ritorno alla origini, ma rivisitato in chiave post-rivelazioni Nsa, che hanno reso evidente il peso della sorveglianza e del controllo governativo nelle comunicazioni globali.
“I costi delle attrezzature si sono abbassati molto sul mercato”, continua CC3. “Così abbiamo iniziato a pensarci, ispirandoci ai casi delle Ong che stanno in posti difficili e devono comunicare tra loro in condizioni disagiate, o alle esperienza di movimenti e manifestazioni come quelle di Puerta del Sol - gli indignados spagnoli - o di Occupy Wall Street. Spesso gli accampamenti dei manifestanti sono al di fuori della portata di connessioni Wi-Fi. Insomma, noi pensiamo che le persone dovrebbero avere un’alternativa libera e gratuita per comunicare a livello base. E questo è tecnicamente possibile”.
In realtà Airchat è ancora lontano dall’essere uno strumento utilizzabile da normali utenti: di fatto è un proof of work funzionante,
che necessita di ulteriore lavoro. Anche per questo il gruppo LulzLabs è
uscito pubblicamente, sperando di ricevere interesse e aiuto. Ma alla
fine cosa serve per farlo funzionare? Bastano un radiotrasmettitore, un laptop, e una serie di software da installare. E, allo stato attuale, una discreta competenza tech.
“È stato testato sul campo, anche in condizioni difficili. Lo abbiamo progettato pensando a persone che si trovano in condizioni di difficoltà, o che stanno lottando lontano dal comfort delle nostre società”, dice ancora CC3. “Se sei in trappola in un posto durante una crisi, o il governo ha chiuso le comunicazioni, puoi ancora parlarti con chi ti sta vicino, e sei più anonimo rispetto a quando usi un telefono”.